Pensa alla techno ed ai suoi pionieri. Probabilmente, il primo nome iconico legato a questo genere che ti viene in mente è Underground Resistance, o più semplicemente UR.
UR non è solo una label. È la storia di un movimento nato a Detroit una trentina di anni fa, quando Mike Banks ed altri musicisti della città hanno deciso di incidere il loro credo nelle prime produzioni di genere.
In principio, sul finire degli anni 80’, la musica di UR rappresentava uno strumento di denuncia sociale e di emancipazione per una generazione di giovani che vivevano il lento e inaspettato declino dell’economia industriale americana. Declino che però permetteva a moltissimi talenti di esprimere le loro capacità attraverso la musica, e durante i moltissimi party illegali che si trovavano nell’abbandonata periferia di Detroit, tra capannoni e fabbriche abbandonate, si affermavano i cosiddetti tre talenti di Belleville: Derrick May, Juan Atkins, Kevin Saunderson.
È proprio in questo clima che cresce la seconda generazione di musicisti techno a Detroit, quella di Mike Banks, Jeff Mills e Robert Hood, poco dopo il trio di Belleville.
Il percorso di Underground Resistance, oltre a trasformarsi un luogo di confronto, è continuamente influenzato da elementi provenienti della città di Detroit. La techno è una parte fondamentale di questi, ma andando più a fondo si può notare come jazz, blues, soul, funky e afro music abbiano un ruolo importantissimo all’interno delle composizioni.
Tutti i generi musicali dell’epoca precedente alla sua nascita, il funky, il soul, il jazz, compongono i principi sempre presenti all’interno delle uscite UR. Autori soul come Isaac Hayes, band eccentriche come i britannici Ebony Bones, sono dei punti di riferimento che si vanno ad aggiungere ad una serie di artisti come Prince, George Clinton, Kraftwerk. Insomma, UR è qualcosa che va anche oltre la musica, ma che dalla musica nasce.
Per capire meglio questo concetto, è opportuno rileggere le parole di Mike Banks, il vero e proprio garante culturale di UR: In molte cosiddette culture primitive, alcune persone possono trovare il loro “io” soltanto staccandosi dal proprio corpo mentre ballano. Lo scopo è proprio quello di guardarsi dal di fuori, l’unico mezzo per conoscere veramente sé stessi. Questo è quello che molte tribù indiane d’America fanno quando ballano incessanti ritmi ripetitivi, come in “Star Dancer”. Non è necessaria nessuna droga, serve solo il sudore e la vicinanza con i propri fratelli. Allora potrai uscire dal tuo corpo, elevarti e capirti veramente.”
A far ballare il dancefloor nella serata del 6 ottobre al Basic Club, ci sarà quello che probabilmente è l’estratto più rappresentativo di UR: i Depth Charge. Il duo, formato da Mike Banks e Mark Flash, è pronto per portare a Napoli il sound di Detroit che tanto bene si sposa, per affinità sociali e umane, con la città partenopea. Quello che vi aspetterà è chiaro, e lo si percepisce proprio dalle parole di Mark Flash quando racconta del progetto in coppia con Banks: Depth Charge è davvero electro e techno di Detroit. Quella che portiamo nei club è la vera electro di Detroit – non quella che senti ora. Quando lo diciamo, intendiamo l’originale sound di Detroit.
Per capire cosa ti aspetta al Basic Club, puoi dare uno sguardo qui oppure qui.
I presupposti appaiono chiarissimi, il 6 ottobre Napoli ballerà come Detroit, grazie all’anima e al sound techno dell’inimitabile periferia industriale americana.